Storia dell’Islanda

In termini geologici l’Islanda è una terra giovane, formatasi circa 20 milioni di anni fa a seguito di eruzioni vulcaniche sulla dorsale medio atlantica.
Per lungo tempo disabitata non è stato ancora stabilito con esattezza chi furono i primi coloni dell’isola: si parla di monaci irlandesi prima dell’arrivo dei vichinghi nel 800 d.C., anche se sull’isola sono state ritrovate monete romane coniate nel III secolo d.C. ma anche qui non è sicuro se siano state portate in quel periodo oppure arrivate dopo.

Joaoleitao at en.wikipedia, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

La colonizzazione Vichinga

Tutto è scritto nel Landnamabok, un manoscritto islandese antico risalente al medioevo dove è descritta la colonizzazione dell’Islanda da parte dei Vichinghi nel IX secolo.

Secondo le scritture a scoprire per primo l’Islanda è stato il navigatore scandinavo Naddoddr, che scopri l’isola per sbaglio, essendo lui diretto alle isole Far Oer ma per cause metereologiche fu spinto sulle coste islandesi. Un altro navigatore che ci finì per sbaglio fu lo svedese Svavarson, egli scopri che si trattava di un’isola. Mentre il primo uomo che navigo deliberatamente verso l’Islanda fu il vichingo Floki Vilgerdarson. Il navigatore norvegese volle andare ad abitarvi e portò con se la famiglia, partito dalle coste occidentali della Norvegia passò prima per le isole Shetland e poi per le isole Faroe. Attraccò in Islanda e costruì il primo insediamento, da li in un esplorazione sulle montagne più alte attorno al campo vide una baia piena di iceberg alla deriva, per questo diede a quella terra il nome di Island, ovvero Terra di ghiaccio. Floki Vilgerdarson fece poi ritorno in Norvegia.

Sempre seguendo le scritture del Landnamabok, il primo colono permanente fu Ingolfur Arnarson. Si insediò con la famiglia nel 874 in luogo riconducibile all’attuale Reykjavik. In seguito fu seguito da molti altri capi tribù norvegesi che portarono con loro le famiglie e i servi. Ebbe allora inizio l’epoca della colonizzazione data in primis dalle continue lotte politiche presenti nella penisola scandinava che costrinsero molte persone a fuggire dalla legge di re Harald I, e tanti altri spinti ad andarsene proprio da quest’ultimo che li vedeva come delle minacce. Si può dire dunque che sia stato re Harald I a dare inizio alla formazione di un nuovo stato nell’attuale Islanda.

Landnamabok

https://www.loc.gov/exhibits/world/societal.html, Public domain, via Wikimedia Commons

La nascita dello stato e la conversione al Cristianesimo

Dopo qualche anno dal popolamento dell’isola, nel 930, fu istituita in Islanda un assemblea chiamata Althing, il primo parlamento della storia. L’assemblea si riuniva a Tingvellir, dove i capi tribù emanavano le leggi, nominavano le giurie e mettevano fine alle dispute. Le leggi non venivano scritte ma memorizzate da un portavoce della legge. In questo primo periodo l’isola godette di un momento di crescita continua, vennero colonizzati i territori della Groenlandia e di Terranova.

Gli abitanti fino a quel momento erano tutti pagani e adoravano i principali dei vichinghi come Odino, Thor, Freyia ma a partire dagli anni 1000 molti islandesi avevano accettato la nuova fede cristiana. Ancora bene non si sa da chi portata sull’isola, ma si dice da missionari inviati dalla Norvegia e su pressione di re Olaf I, che spinsero il parlamento islandese a decidere per l’accettazione della nuova religione.

Roca de la Ley, Parque Nacional de Þingvellir, Suðurland, Islandia, 2014-08-16, DD 022

Diego Delso, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Sotto il dominio di Norvegia e Danimarca

Dopo circa 200 anni di colonizzazione, sull’isola incominciarono delle guerre interne tra clan, fu messo in discussione il potere dell’Althing, e cresceva il potere di alcune famiglie che cominciarono a combattersi per il controllo dell’Isola, provocando devastazione e malcontento nella popolazione. Alcuni si rifugiarono in Norvegia, e ne chiesero l’aiuto al re Haakon IV diventandone vassalli e nel 1262 con il trattato di Gamli sattmali, (Vecchio Patto), l’Islanda si unì al regno di Norvegia.

Successivamente alla fine del XIV secolo l’isola passo sotto il regno unificato di Norvegia e Danimarca, per via dell’unione di quest’ultime. Questa unione durò fino al 1814 quando con il trattato di Kiel ci fu la separazione dei regni di Danimarca e Norvegia, in questa data l’Islanda passò interamente sotto il controllo della corona danese.

Dall’autonomia all’indipendenza

Nel 1874 la Danimarca garantì all’Islanda una sorta di autonomia con un governo interno, e man mano che passavano gli anni concedeva sempre più libertà e autonomia fino al 1918 quando con l’Atto di Unione la Danimarca riconosceva l’Islanda come stato sovrano (Regno di Islanda), unito comunque ancora alla Danimarca sotto un re comune. Questo atto avrebbe dovuto essere rivisto nel 1940.

Nel 1940 però in piena seconda guerra mondiale, con l’occupazione tedesca della Danimarca, le comunicazioni tra i due regni si interruppero e l’Islanda dichiaratasi neutrale cominciò ad occuparsi personalmente degli affari esteri. Purtroppo la neutralità dell’isola non fu rispettata e fu invasa e occupata prima dai britannici e poi dagli Stati Uniti. Nel 1944 l’Islanda divenne formalmente una repubblica indipendente.

Il dopoguerra tra crescita e guerra del merluzzo

Gli USA continuarono comunque ad avere un influenza sull’isola con una base militare e la responsabilità alla difesa dell’isola. Durante la guerra l’Islanda aveva prosperato ammassando riserve di valuta estera, e per mantenere gli alti standard il governo islandese decise in quegli anni di investire massicciamente sulle flotte di pescherecci e impianti per la lavorazione del pesce. Durante gli anni ’60 e ’70 scoppiò una guerra tra l’Islanda e il Regno Unito sui diritti di pesca. Inizialmente la prima guerra ci fu nel 1958 quando gli islandese estesero i limiti di pesca da 4 a 12 miglia nautiche dalla costa dell’Islanda senza che i britannici potessero opporsi, una seconda guerra nel 1973 quando l’Islanda estese a 50 miglia i limiti, la terza e più dura fu nel 1975 quando l’Islanda decise di portare i limiti a 200 miglia nautiche. Le due nazioni schierarono le proprie armate navali ai 200 miglia nautiche per difendere la pesca dei propri pescherecci, senza sparare un colpo ma infastidendosi con degli speronamenti.

Essendo l’Islanda uno stato con poche risorse naturali, niente legname, niente carburanti, poca agricoltura e nessuna risorsa mineraria, la sua economia dipende pesantemente dalla pesca per sopravvivere. Fino a quel momento i prodotti ittici rappresentavano il 90% delle esportazioni. La crisi si risolse quando l’Islanda minacciò di far chiudere la base americana sull’isola, strategica per le operazioni della NATO nel controllo dell’Atlantico contro l’Unione Sovietica. Magicamente il governo britannico accettò di tenere i suoi pescherecci fuori dalla zona delle 200 miglia nautiche senza uno specifico accordo.